La via da percorrere: 60 anni fa il Trattato dell'Unione
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Nel cielo della primavera romana sono arrivate le prime rondini e i primi gruccioni. Non solo: c’è un lupo che si aggira alle porte della città.
Non l’animale mitologico della fondazione di Roma ma un lupo vero, in carne e ossa, un simbolo concreto e meraviglioso di biodiversità salvata. Se il lupo è tornato, se ritornano i migratori lo si deve anche agli ultimi tratti di campagna romana scampata all’urbanizzazione e a quei siti di Natura 2000 che hanno permesso di salvaguardare habitat e paesaggi. La monumentale bellezza artistica della città eterna e la delicata bellezza della sua natura, insieme. Natura 2000 è soprattutto questo: uno strumento per conservare la biodiversità senza dimenticare le città dell’uomo. Un modo di mettere assieme natura e società con la consapevolezza che natura e società non possono che stare assieme. Dividerle è l’errore degli errori, è l’anticamera dei problemi. In un certo senso è così anche per le nazioni europee: non possono che stare assieme.
Il 25 marzo l’Europa celebra i 60 anni del Trattato dell’Unione. Li celebra proprio a Roma, che nel 1957 dette un impulso decisivo alla sua nascita. Il sogno dei primi sognatori dell’Europa era quello di superare le antiche contese e costruire una comunità più grande, esaltando i valori fondamentali dell’umanità - la conoscenza, il dialogo, la pace - e vivendo i confini come una sfida da vincere, un limite da superare. Avevano in mente, i sognatori dell’Europa, un viaggio lungo ma bellissimo, da affrontare uniti. Non è un caso se, a poca distanza da Roma, su una piccola isola del Mar Tirreno, Altiero Spinelli e i suoi amici concludessero il “Manifesto di Ventotene” con un pensiero che, più che per gli uomini, sembra scritto per gli uccelli migratori: “La via da percorrere non è facile né sicura, ma deve essere percorsa e lo sarà”.
Oggi, per l’Europa unita, è il momento più difficile. Siamo come in un bottleneck sotto il tiro dei bracconieri. Viviamo uno di quei tempi storici in cui serve tutta l’intelligenza delle istituzioni, della società civile, della gente. L’Europa ha commesso molti errori, tra cui proprio quello di non portare fino in fondo l’idea che il progetto di società europea dovesse alimentarsi di natura e cultura. Non solo il carbone e l’acciaio, non solo banche e conti in ordine ma valori profondi. Eppure, con tutti i suoi limiti, l’Europa ha rappresentato un bene, una grande garanzia di pace e un argine solido alla distruzione ambientale.
Se un’Europa incompleta è riuscita a fare tanto, pensiamo a cosa potrebbe essere un’Europa migliore, che trasformi la politica agricola, che destini risorse sufficienti alla biodiversità, che progetti il futuro in modo ancora più condiviso e durevole. Quale grande occasione di vero benessere e buona economia, per i popoli europei e in un certo senso per il mondo intero.
Non possiamo fare a meno dell’Europa. E’ il miglior destino che possa capitare. A noi, al nostro futuro e a quello di lupi, aquile, rondini, habitat naturali. I ragazzi di Ventotene avevano ragione: la via da percorrere non è facile né sicura, ma è quella giusta. Sarebbe bene che, il 25 marzo, nella primavera romana, la politica europea pensasse a loro.
Danilo Selvaggi - Direttore generale della Lipu-BirdLife Italia