Dopo Glasgow. La soluzione è la natura
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La Cop26 di Glasgow ha chiuso i battenti. E’ stato, probabilmente, l’evento più importante della storia dell’ambientalismo sotto il profilo dell’attenzione pubblica e della portata delle decisioni in gioco.
Purtroppo, gli esiti non sono risultati all'altezza delle aspettative, o quantomeno di quelle più elevate.
Alcuni aspetti positivi.
1) L’accordo sulle foreste gode di 12 miliardi di sostegno economico pubblico e altri miliardi (7,2) che arriveranno dal privato. In questo genere di situazioni, il denaro ha la sua importanza perché permette di rinunciare allo sfruttamento delle risorse (in tal caso le foreste) potendo bilanciare le perdite economiche. Inoltre, un alto numero di paesi (più che in passato) ha sottoscritto l’accordo.
2) L’impegno di contenere la crescita delle temperature entro 1,5 gradi è stato confermato.
3) Il rilievo politico, sociale, mediatico della Conferenza è stato enorme, segno che la questione ambientale è in cima alle agende, per ragioni di: a) emergenza, b) opportunità economica, c) convinzioni etico-culturali.
4) Passi avanti sono stati compiuti sulla riduzione dell'uso del metano, con oltre 100 paesi a sottoscrivere l'accordo.
Alcuni aspetti negativi.
1) La riduzione dell’uso di carbone (phase down) invece della sua eliminazione (phase out) è un colpo duro alle ambizioni generali della lotta ai cambiamenti climatici, anche per i suoi significati geopolitici. In sostanza, si è detto che il carbone non scompare dalla storia dell’umanità. Non ci sarà vera decarbonizzazione.
2) Il tema dei risarcimenti per i danni e il tema del sostegno ai paesi in via di sviluppo sono rimasti vaghi e incerti.
3) Il ruolo svolto dall'Europa, a Glasgow, è stato molto più debole di quanto ci saremmo aspettati e forse di quanto la stessa Europa avrebbe voluto.
4) L'accordo contro la deforestazione, non chiaro in tutti gli aspetti, è molto condizionato dal no dell'Indonesia, la cui incidenza sulla materia, come sappiamo bene, è pesante.
5) Nel vertice, le soluzioni a base di natura sono state considerate ma ancora in modo timido. Passi avanti, forse per la prima volta in tutti questi anni di vertici per il clima, eppure insufficienti. Ad oggi, la natura continua ad essere sostanzialmente assente dal cuore del problema, cioè vista come un di più e non la soluzione principale.
Quest'ultimo, per la Lipu e le 117 organizzazioni di BirdLife International, è il punto più critico, perché tradisce un approccio generale al problema che continua ad essere quasi tutto tecnologico, artificioso, di correzione tecnica e non riorientamento profondo delle strategie umane.
Le conseguenze di questa carenza di Pensiero-natura sono preoccupanti tanto per ciò che non faremo (appunto, non adotteremo massicce soluzioni a base di natura), quanto per ciò che faremo, nel senso che una transizione energetica interamente votata alle energie rinnovabili può essere addirittura devastante.
Quante risorse - ad esempio terre rare e metalli vari - occorreranno alla transizione "tecnologica"? Quanto territorio, siti, habitat naturali, suoli fertili andremo a sacrificare? Il combinato disposto - solo apparentemente contraddittorio - di questi due aspetti (decarbonizzazione insufficiente e invasione di impianti di energia rinnovabile) prefigura uno scenario veramente fosco, anche per il nostro Paese. Una sorta di strategia lose-lose, in cui perdono più o meno tutti.
Il commento di Greta Thunberg all’esito del vertice è quello che ormai tristemente conosciamo: “Bla bla bla”. Promesse non mantenute, parole vuote.
Io però temo che le cose non stiano semplicemente così. Magari fossero soltanto promesse non mantenute! Magari fosse soltanto “mancata volontà”!
Le parole pronunciate dai governi, anziché vuote, sono piene di significati. Pienissime di significati - per quanto di significati che non ci piacciono. Quelle parole raccontano un mondo costruito male, che per troppo tempo ha funzionato (e continua a funzionare) in modo errato, ignorando gli squilibri, le ingiustizie e l’impatto umano sulla Terra, diventato infine devastante.
Decostruire questo mondo è oggi veramente difficile. Significa smontare e rimontare le economie, la politica, le relazioni internazionali, i poteri, i rapporti di forza, l'organizzazione sociale, gli immaginari, i linguaggi. Un’impresa titanica, perché in molti casi ci mancano proprio le basi, l'hardware, gli strumenti operativi (ad esempio una governance globale efficace che vada oltre il fragile multilateralismo di oggi).
Decostruire questo mondo e costruirne uno migliore necessiterà di tutte le abilità politiche, scientifiche, di ingegno umano, che pure abbiamo in grandi quantità, ma anche di un sentimento diverso.
Lo so, può sembrare ingenuo, quasi naif, eppure la salvezza passa anche da qualcosa che ha a che fare con una parola tabù, impronunciabile, scandalosa, fuori luogo, che è la parola “amore”. Amore dell’umanità verso sé stessa, oltre le divisioni, e verso il resto del vivente e del Pianeta.
Senza questo sentimento rinnovato, rigenerato, per molti aspetti del tutto nuovo, rimanderemo di vertice in vertice, di promessa in promessa, di speranza in speranza, di geopolitica in geopolitica, di distruzione in distruzione. E il dopo Glasgow sarà esattamente come il prima di Glasgow. Una brutta prospettiva, che dobbiamo assolutamente evitare.
Concludo con una nota, diciamo così, “a margine”.
I grandi vertici sono il trionfo della politica e della visibilità. Tuttavia, dietro il visibile c’è l’invisibile, e tra le cose invisibili c'è il "dietro le quinte" delle migliaia di funzionari che lavorano ininterrottamente, sulla sostanza, sulle tabelle excell e sulle virgole (talvolta più importanti della sostanza).
Questi funzionari spesso nascondono il “male”, cioè sono strumenti del nemico. Tuttavia, nella gran parte, si tratta di persone straordinarie per competenza, capacità di negoziato, sensibilità. Persone che operano non solo per dovere di stato ma perché credono davvero in ciò che fanno.
Molte delle cose buone ottenute anche questa volta, a Glasgow, le dobbiamo a loro, agli sherpa, alle donne e agli uomini invisibili delle notti dei vertici. Se riusciremo a salvare il mondo, lo faremo grazie alla rivoluzione dei valori e dell'intelligenza ma anche alla capacità (scientifica, umana, tecnica, prosaica) della buona amministrazione.
Danilo Selvaggi, Direttore generale della Lipu - BirdLife Italia
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