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Da domenica si caccia. Ma mancano i piani faunistici

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“Undici regioni con piano faunistico venatorio assente o scaduto da tempo e cinque specie globalmente minacciate ancora cacciabili: sono l’emblema di una stagione di caccia che, oltre alle conseguenze di incendi e siccità, parte all’insegna di infrazioni, assenza dello Stato e gravi carenze regionali”. 

Lo afferma la Lipu alla vigilia della nuova stagione al via domenica 17 settembre. Solo dieci regioni italiane dispongono di piano faunistico venatorio valido, di cui appena quattro hanno un piano realizzato nell’arco degli ultimi cinque anni. Per le altre, la pianificazione è del tutto assente o scaduta da tempo. Clamoroso il caso della Regione Lazio il cui piano, pur formalmente vigente, risale a circa 20 anni fa. (clicca QUI per un riepilogo della situazione)

E’ bene ricordare che il piano faunistico venatorio, previsto all’articolo 10 della legge 157/92, è strumento indispensabile per la sostenibilità, almeno in teoria, dell’attività venatoria. Tra le altre cose, il piano deve prevedere le zone di protezione, le aree in cui può svolgersi l’attività venatoria e le modalità con cui la caccia va svolta, in rapporto alle problematiche ambientali e alle esigenze prioritarie di conservazione della natura. Il piano ha quindi i suoi effetti anche sui siti della rete Natura 2000, dove la caccia è consentita, a patto che siano osservate le disposizioni sui criteri minimi uniformi ed effettuata la Valutazione d’incidenza ai sensi della direttiva Habitat.

Su quest’ultimo aspetto la situazione è davvero grave. In sole tre regioni (Campania, Friuli-Venezia Giulia e la Sicilia) la Valutazione di'ncidenza è stata realizzata in tempi recenti mentre nelle restanti è obsoleta o addirittura mai realizzata. Un elemento di chiara infrazione della direttiva, che abbiamo segnalato nei giorni scorsi alla Commissione europea con un corposo dossier.

A questo quadro critico si aggiunge la situazione delle specie di uccelli cacciabili: delle 18 specie in stato di conservazione sfavorevole, tra cui l’allodola e la pernice bianca (“Spec 3”, ovvero in stato conservazione sfavorevole, pur non concentrate in Europa), cinque sono addirittura classificate “Spec 1”, ovvero minacciate a livello globale, dal nuovo rapporto Birds in Europe. Si tratta di tortora selvatica, coturnice, pavoncella, moriglione e tordo sassello, che andrebbero immediatamente sospese dai calendari venatori e considerate oggetto di speciali interventi di tutela. Ad oggi, tuttavia, né le regioni hanno provveduto in tal senso (tranne qualche timido segnale nei carnieri) né il Governo e l’Ispra, da cui siamo ancora in attesa di parere, hanno inteso intervenire in alcun modo. Una situazione incomprensibile, di quasi abdicazione dello Stato.

Un plauso finale all’Abruzzo che ha opportunamente posticipato al 1° ottobre l’apertura della stagione e al Piemonte, che ha mantenuto nel calendario alcune tutele per le specie, tra cui l’allodola e la pernice bianca, che non risultano cacciabili nel territorio regionale. Nel buio della disattenzione generale, piccole luci di responsabilità.
 

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