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Caccia, Italia verso deferimento Corte di Giustizia

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Alla conclusione della stagione venatoria l'Italia rischia per l'utilizzo di munizioni al piombo nelle zone umide. Intanto Governo e Parlamento spingono su norme piu’ permissive e delegittimazione di Ispra. Lipu: “Le Regioni, favorite dal Governo, ignorano le indicazioni di scienza ed Europa. Umbria, Trento, Calabria e Puglia maglie nere. Lo scontro dei prossimi mesi sarà ancora più duro”.
 

"Caccia in periodi vietati per specie come tordi, cesene e uccelli acquatici; sentenze del Tar non rispettate; proposte in Parlamento di deregulation venatoria e delegittimazione del ruolo dell’Ispra. L'Italia della caccia, pur in declino socioculturale, non smentisce la propria tendenza alla violazione delle regole". Lo dichiara la Lipu-BirdLife Italia al termine della stagione venatoria 2024/2025, che chiude oggi, 30 gennaio.

E’ stata un'altra stagione caratterizzata da infrazioni della Direttiva comunitaria e iniziative parlamentari pro deregulation, ma anche della svolta verso un nuovo deferimento dell'Italia alla Corte di Giustizia europea. 
Lo scorso novembre la Commissione europea ha infatti trasmesso al Governo italiano il parere motivato nell’ambito della procedura d’infrazione in materia di controllo faunistico e mancato divieto all’utilizzo di munizioni contenenti piombo nelle zone umide. Una situazione che, in assenza di correttivi, vedrà il deferimento dell’Italia alla Corte di Giustizia e il relativo giudizio.

L'inattività del Governo è completa quanto il comportamento della maggior parte delle regioni, le quali, ignorando le indicazioni di Ispra e della Commissione europea, che un anno fa aveva avviato una Procedura pilot per violazione della Direttiva Uccelli, hanno consentito la caccia a tordi e cesene e alle specie acquatiche in alcuni casi fino al 31 gennaio, quindi in periodo di migrazione prenuziale, vietato dalla normativa, anziché chiudere la stagione entro il 10 gennaio per tordi e cesene ed entro il 20 gennaio per gli uccelli acquatici.

Particolarmente grave il comportamento della Provincia autonoma di Trento, che ha modificato i calendari venatori allungando, nel mese di gennaio, la stagione di caccia alla cesena. Ancor più grave il comportamento della Calabria, che, nonostante il pronunciamento del Tar, non ha fermato la stagione, e ancora quello dell'Umbria, intervenuta tardivamente a chiudere la caccia nonostante la pronuncia del Consiglio di Stato.
Gravissimo altresì l'operato della Puglia, ricorsa per l'ennesima volta allo stratagemma della modifica del calendario in extremis, per consentire la caccia ai tordi e alla beccaccia fino a fine gennaio rendendo impraticabili i ricorsi al Tar. Un atteggiamento che si ripete da anni e che prefigura fattispecie ben oltre la cattiva amministrazione.

A tutto ciò fa da supporto l'orientamento filovenatorio del Governo e di vari parlamentari, che, nonostante il fallimento della proposta di legge Bruzzone, hanno apportato una nuova modifica alla legge 157/92, di indebolimento dei ricorsi alla giustizia amministrativa, e stanno lavorando per sottrarre all’Ispra le competenze in materia di tutela della fauna per affidarle a un istituto sotto il controllo del ministero dell'Agricoltura. Come dire:  le regole per i cacciatori le stabiliscono i cacciatori.

"Il quadro sconfortante della caccia italiana - dichiara Giovanni Albarella, responsabile Antibracconaggio e attività venatoria della Lipu - dice di un fenomeno che, proprio perché al crepuscolo sociale e culturale, non ha più timore di apparire estremo. Nei prossimi mesi assisteremo a tentativi ancora più gravi, sotto forma di attacchi alla scienza, agli uccelli selvatici e all'Europa. Questo raddoppierà gli sforzi della Lipu per fermare una deriva che dura da decenni e che continua a fare seri danni alla già sofferente natura del nostro Paese".
 

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Munizioni per l'attività venatoria © Pixabay