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Rifugi climatici

I Rifugi climatici sono aree naturali che conservano condizioni idonee ad ospitare specie e ecosistemi che, a causa dei cambiamenti climatici, soffrono in generale una perdita di ambienti idonei o una contrazione di areale.

Tra le conseguenze dei cambiamenti climatici c'è infatti anche quella di incidere negativamente su moltissime specie, ad esempio modificando, anche in modo drastico, gli habitat adatti o la disponibilità di risorse chiave. E' ciò che ad esempio accade sulle Alpi, e in generale negli ambienti montani, dove il clima cambia più molto rapidamente che altrove.

L'avifauna delle Alpi, e in particolare quella delle alte quote (praterie montane e ambienti nivali) è composta da specie adattate ai climi freddi, come la pernice bianca, il fringuello alpino, il sordone e lo spioncello. Si tratta di uccelli che si sono evoluti in modo da sopravvivere in condizioni ambientali difficili, rimaste sostanzialmente identiche per tempi molto lunghi e caratterizzate da climi rigidi e scarse risorse. Tuttavia, il rapido affermarsi di nuovi scenari climatici fa sì che gli ambienti popolati da queste specie vengano a trovarsi a rischio di scomparsa o di forte riduzione.

Le Alpi si stanno riscaldando al doppio della velocità media del pianeta, con una situazione che già oggi fa segnare un +2°C rispetto all’epoca preindustriale. Per via di tale tendenza, il bosco si espande in modo rapido verso quote più elevate, con profondi cambiamenti ambientali, dei quali la rapida espansione di alberi e arbusti verso quote più elevate, a spese della prateria alpina, è uno dei più evidenti. Questo, per le quattro specie citate, si traduce in una drastica riduzione di habitat, che va ad aggiungersi ai verosimili effetti fisiologici dell’aumento di temperatura. Secondo i più accreditati modelli di distribuzione delle specie, sull’arco alpino assisteremo a una perdita di habitat ingente (sino al 60% nell’arco di qualche decennio) per tre delle quattro specie e a un innalzamento del loro areale di distribuzione di quasi 500 metri.

Cosa si può fare per scongiurare il rischio di estinzione dovuto ai cambiamenti in atto e previsti? Qui entrano in gioco, appunto, i Rifugi climatici. In quanto aree meno impattate di altre dagli effetti dei cambiamenti climatici, tali contesti sono in grado di mantenere le condizioni idonee ad ospitare queste specie anche con l’affermarsi di scenari climatici più caldi, offrendo così una possibilità di sopravvivenza a tante forme di vita adattate a climi e ambienti progressivamente sostituiti da altri in seguito ai cambiamenti climatici. Queste aree sono dunque essenziali per la conservazione biodiversità in un contesto di forte cambiamento, e la loro tutela da possibili alterazioni ambientali, come gli interventi antropici che portano alla trasformazione del territorio (si pensi ad esempio agli impianti sciistici moderni), costituisce una strategia di conservazione cruciale ora e in futuro.

Risulta fondamentale, in tal senso, includere i Rifugi climatici tra le aree che contribuiscono al target del 30% di aree protette (un terzo delle quali da proteggere rigorosamente) previsto dalla Strategia europea per la biodiversità per il 2030, e comprenderli in reti che ne garantiscano la connessione ecologica, favorendo fondamentali processi di scambio di geni e di individui tra le diverse aree.

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Pernice bianca
Pernice bianca © Stefano Zanardelli