Preapertura caccia: gravi danni alla tortora selvatica e alla nidificazione
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“La preapertura della stagione venatoria, sebbene consentita dalla legge 157/92, è una pessima abitudine, priva di esigenze ambientali e tale da danneggiare una specie globalmente minacciata come la tortora selvatica e, inoltre, disturbare le delicate fasi finali della nidificazione per molte altre.
Le regioni italiane soddisfano, ancora oggi, ogni richiesta venatoria, come fossero una sorta di bancomat della caccia, dimenticando che la loro prima missione è tutelare la natura”.
Lo dichiara la Lipu-BirdLife Italia in merito all’imminente preapertura della stagione venatoria 2018/19, prevista in molte regioni italiana da sabato 1° settembre. Sono ben 15 le regioni che hanno autorizzato la preapertura, con punte estreme in Piemonte e Marche, con 7 giornate di preapertura, e Sicilia, dove i giorni di preapertura sono addirittura 11. Un’evidente situazione di caccia ordinaria, cioè di apertura a tutti gli effetti della stagione venatoria, che apre ufficialmente domenica 16 settembre, piuttosto che di un parziale suo anticipo, in sostanziale violazione della legge 157/92.
Tra le specie più a rischio che risultano cacciabili in preapertura c’è la tortora selvatica, classificata Spec 1 da BirdLife International, ossia globalmente minacciata di estinzione, per la quale la Commissione europea sta chiedendo agli Stati membri interessati di sospenderne la cacciabilità, attraverso una moratoria del singolo stato membro. Lo stesso ministero dell’Ambiente ha urgentemente invitato le regioni ad evitare ogni forma di preapertura della caccia alla specie, considerato il delicatissimo stato di conservazione in cui versa. Ebbene, tutte le regioni che prevedono preaperture hanno inserito la tortora selvatica tra le specie cacciabili, bypassando la richiesta ministeriale e ignorando i motivati solleciti della Lipu e di altre organizzazioni ambientaliste. Come dire: la tutela non ci interessa. Quello che interessa è dire sì ai cacciatori.
La situazione della tortora si affianca a quella di almeno altre 6 specie cacciabili che finiranno in quasi tutte le regioni sotto i colpi dei 600mila cacciatori italiani, pur essendo esse stesse o globalmente minacciate come pavoncella, moriglione, coturnice, tordo sassello, o in cattivo stato di conservazione come l’allodola e, dove presente, la pernice bianca, per le quali ad oggi a poco sono servite le richieste di tutela trasmesse alle regioni.
Alla gravità del quadro sostanziale si affianca quella formale, ovvero i veri e propri stratagemmi messi in atto da molte regioni per difendere le fragilissime previsioni pro-venatorie ed evitare ricorsi. Valga per tutti l’esempio della Puglia, che a poche ore dalla preapertura non ha ancora pubblicato il calendario venatorio, che pure per legge dovrebbe essere ufficiale entro il 15 giugno. “Un caso clamoroso, quello pugliese, anche per la perdurante assenza del Piano faunistico regionale, strumento essenziale per poter svolgere l’attività venatoria, che sarà oggetto, assieme ad altri, delle attenzioni critiche e delle opportune azioni giuridiche, a livello regionale e internazionale. Non si può giocare con il patrimonio naturale della collettività come fosse un bene privato”.