Aperta inchiesta Ue per la pessima gestione della caccia in Italia
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Dure accuse di violazione delle norme su bracconaggio, mancato divieto sulle munizioni al piombo, caccia a specie in sofferenza e in periodo di migrazione.
L’Italia ha otto settimane per rispondere ed evitare la procedura d’infrazione. Le associazioni: “Basta illegalità o a pagare saranno tutti i cittadini italiani”.
"L’Italia torna sotto la lente dell’Europa per la pessima gestione della caccia". Lo dichiarano le associazioni Cabs, Enpa, Lac, Lav, Legambiente, Lipu-BirdLife Italia e WWF Italia commentando l’apertura di una procedura EU Pilot (n. 2023/10542) nei confronti dell’Italia per violazione delle norme europee in materia di caccia, in particolare per mancato rispetto della direttiva Uccelli (2009/147 CEE) e del Regolamento europeo 2021/57 che vieta l’utilizzo del piombo nelle zone umide. La nota, trasmessa della Direzione generale Ambiente della Commissione europea, è indirizzata al Ministero dell’Ambiente e a 13 Regioni.
“La Commissione europea – dichiarano le associazioni - certifica la grave situazione italiana in tema di caccia che abbiamo più volte denunciato. Le numerose e continue infrazioni sono la conseguenza di un sistema basato sulla diffusa subalternità della politica alle associazioni venatorie che si traduce in continue concessioni illegittime che, per meri tornaconti elettorali, mettono a rischio la nostra biodiversità. Se l’Italia non si adeguerà immediatamente alle regole, a partire dai prossimi calendari venatori, tutti i cittadini italiani saranno costretti a pagare le conseguenze di una pesante procedura d’infrazione”.
La EU Pilot riporta quattro motivi generali di contestazione, che toccano alcuni aspetti cruciali di per la conservazione della natura.
Il primo motivo di contestazione è relativo alla circolare congiunta dei Ministeri dell’Ambiente e dell’Agricoltura che, con l’intento di fornire una interpretazione al nuovo Regolamento europeo che vieta l’utilizzo e la detenzione di munizioni al piombo nelle zone umide, in realtà entra in contraddizione col Regolamento stesso, escludendone l’applicazione per moltissime aree umide, proprio come chiesto dal mondo venatorio e limitandone l’applicazione alle zone in cui il divieto è già vigente proprio per mantenere la situazione immutata.
Il Regolamento europeo, è bene ricordarlo, è stato emanato per evitare che l’utilizzo del piombo (sostanza neurotossica) nelle zone umide provochi inquinamento diffuso e determini gravi conseguenze sia per gli uccelli, sia per la salute umana.
Il secondo motivo di contestazione riguarda la mancata attuazione del Piano di azione nazionale per il contrasto degli illeciti contro gli uccelli selvatici. Il Piano del 2017, denuncia la Commissione, è essenzialmente rimasto sulla carta mentre il bracconaggio continua ad essere una vera e propria emergenza nazionale. Fra le contestazioni della Commissione spicca la situazione grave delle polizie provinciali, oramai depotenziate, e l’assoluta mancanza di informazioni dettagliate sul fenomeno.
Il terzo motivo di contestazione riguarda la caccia su specie di uccelli durante la migrazione e su specie in cattivo stato di conservazione in assenza di piani di gestione o, quando presenti, di piani non attuati. Qui la Commissione ha richiamato l’assoluto obbligo di attenersi alle date di migrazione prenuziale indicate nel documento Key Concept e, in particolare, ha evidenziato il mancato rispetto di queste date da parte di Calabria, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Piemonte, Lombardia, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria, Veneto e Provincia di Bolzano.
La Commissione ha altresì stigmatizzato il fatto che vi siano 21 specie cacciate che versano in cattivo stato di conservazione, che per 17 di queste non vi sia un piano di gestione e che per quattro specie (allodola, coturnice, tortora selvatica, moriglione) i piani formalmente approvati siano, nei fatti, ampiamente disattesi.
Il quarto motivo di contestazione riguarda infine la pratica di utilizzare gli elicotteri in Piemonte per il recupero dei cervi abbattuti durante l’attività venatoria, senza che sia svolta una valutazione dell’incidenza negativa che questa attività potrebbe comportare sui siti della rete Natura 2000.
“Con l’apertura di questa nuova Pilot – dichiarano Cabs, Enpa, Lac, Lav, Legambiente, Lipu-BirdLife Italia e WWF Italia – a cui va data risposta entro il 18 settembre prossimo, la Commissione europea mette sotto esame buona parte del sistema-caccia autorizzato dalle Regioni e dallo Stato italiano. Le numerose infrazioni commesse toccano il cuore della protezione e conservazione della natura e, fatto particolarmente grave, sono reiterate da molto tempo, in evidente violazione di norme e regole comunitarie e nazionali.
“Per non aggravare il quadro delle contestazioni – proseguono le Associazioni - chiediamo alle Regioni di adeguare immediatamente i calendari venatori alle indicazioni pervenute dalla Commissione, al Ministro dell’Ambiente di sospendere subito la caccia alle 21 specie in cattivo stato di conservazione e, inoltre, di rispondere alla Commissione favorendo, finalmente in Italia, la legalità in campo di tutela della biodiversità e dell’avifauna ambientale. L’alternativa – concludono - è la procedura di infrazione, la condanna della Corte di Giustizia e il favorire l’illegalità in palese contrasto all’obbligo di tutela costituzionale di ecosistemi, biodiversità e animali”.