Usignolo di fiume
Cettia cetti
Ordine
Famiglia
Nome scientifico
Habitat
- altri habitat
Strategia migratoria
Apertura alare
Lunghezza
Lista rossa italiana
Stato di conservazione
Ascolta il canto
Descrizione
L’Usignolo di fiume è un piccolo passeriforme, comune nelle aree umide di tutta Italia. Somiglia strutturalmente a uno Scricciolo, ma di taglia superiore: può infatti raggiungere i 13-14 centimetri. Entrambi i sessi sono molto simili nell’aspetto, tuttavia il maschio si distingue per le dimensioni maggiori. Il piumaggio è di colore bruno uniforme sul dorso; il ventre è di colore grigio-bianco. Petto, fianchi e sottocoda sono fulvi, mentre il colore della coda vira su una decisa tonalità rossiccia. Sul capo è possibile notare un sopracciglio bianco, a volte poco marcato.
Le coppie nidificano da aprile a giugno, nelle vicinanze di corsi d’acqua di modesta portata: fiumi, torrenti, canali, fossati; attorno alle casse di espansione e ai bacini di decantazione degli zuccherifici, ma anche nei pressi di laghi, macchia mediterranea, risaie, paludi e maceri, soprattutto se provvisti di abbondante e folta vegetazione arbustiva e arborea igrofila (salici). Il maschio è poligamo, e costruisce, tra fitti cespugli, più nidi a forma di coppa, nei quali poi attirerà le future compagne. Una volta formata la coppia, la femmina depone dalle 4 alle 6 uova, che cova per circa due settimane. Dopo la nascita, i pulcini resteranno nel nido per un’altra decina di giorni, dove verranno accuditi scrupolosamente dai genitori.
È una specie timida ed elusiva nei confronti dell’uomo e si muove furtivamente, quando non è protetto da una fitta vegetazione. Non è facile avvistarlo in volo, se non per brevissimi tratti: ama infatti nascondersi nel folto dei canneti e nella vegetazione presente lungo i corsi d’acqua e nelle paludi. Solo quando emette il canto potente e melodico è facile accorgersi della sua presenza.
La specie è distribuita in Europa meridionale e occidentale, nella zona caucasica, in Africa nord-occidentale, dall’Asia minore orientale all’Afghanistan. Nidifica in Europa, nel nord-ovest dell’Africa e nel sud-ovest dell’Asia temperata, sino all’Afghanistan e al nord-ovest del Pakistan.
Lo Status
L’usignolo di fiume ha stato di conservazione favorevole, a causa di una espansione di areale e di popolazione, benché possa subire repentini decrementi delle popolazioni a per cause climatiche. Lo stato di conservazione dell’Usignolo di fiume viene valutato come favorevole a livello sia continentale sia nell’ambito dell’Europa “comunitaria”. Durante il ventennio 1970-1990 si è registrato un importante aumento della popolazione nidificante tanto in Europa, dove è stimata tra le 600.000 e 1.600.000 coppie, quanto nei territori dell’Unione europea; nel decennio 1990-2000 e successivo è considerata in leggero incremento nel continente, stabile nei territori dell’Unione europea. A partire dagli anni ’20 del 900 si è assistito a un ampliamento dell’areale verso nord e ovest, che ha portato la specie a colonizzare diversi Paesi europei: Belgio (1964), Inghilterra (1972), Germania (1975), Svizzera (1975) e Paesi Bassi (1976).
In Italia, la specie ha manifestato una sensibile tendenza all’espansione del proprio areale a partire dall’inizio degli anni ’70, colonizzando vari settori delle regioni settentrionali. Sul territorio italiano, la popolazione è stimata tra le 300.000 e le 600.000 coppie. Qui, la specie è comune nelle regioni biogeografiche continentale e mediterranea, mentre è scarsa in quella alpina, con una presenza circoscritta ad alcuni fondovalle. Le popolazioni di Usignolo di fiume nel nostro Paese appaiono tuttavia soggette a frequenti e ampie oscillazioni demografiche, determinate soprattutto dalle condizioni meteorologiche invernali che possono causare riduzioni notevoli, anche fino al 75% del contingente svernante.
Le Minacce
La principale causa dei decrementi osservati è dovuta a fattori meteoclimatici. È infatti frequente la perdita di individui o di intere covate a causa di fattori ambientali ed ecologici, legati principalmente alla fluttuazione delle acque nei bacini idrici maggiormente frequentati e agli inverni particolarmente rigidi che hanno caratterizzato alcune annate. Le conseguenze negative di questi eventi sfavorevoli si riflettono direttamente anche sulla popolazione nidificante, fino a portare ad estinzioni locali.
Tra i fattori naturali di maggior peso nella regolazione della dinamica di popolazione, il clima sembra quindi rivestire un ruolo di primo piano in tutte le aree. Ne è ulteriore esempio la perdita di alcune covate nelle vicinanze del Lago Maggiore e nel Canton Ticino, a causa di fluttuazioni del livello delle acque.
Altri fattori di minaccia per la specie hanno poi a che fare con l’integrità degli habitat, e in particolare con il danneggiamento o la distruzione dei canneti, formazioni essenziali per l’ecologia della specie.
La Tutela
Per quanto riguarda la disponibilità di habitat idonei, la specie dimostra una buona adattabilità ecologica ed evidenzia una notevole tolleranza anche ad habitat alterati o degradati. Questa evidenza porta a pensare come anche interventi di modesta entità in alcuni contesti non ottimali potrebbero risultare sufficienti per favorirne l’insediamento o l’espansione. A questo proposito, un impatto positivo potrebbe risultare da interventi di ripristino della vegetazione ripariale, particolarmente idonea alla specie, o di mantenimento della stessa, evitando la ripulitura indiscriminata delle scarpate fluviali.
Infine, va sottolineato come la popolazione italiana sia di grande rilevanza, in termini conservazionistici, sia a livello comunitario sia in ambito continentale. Per questo andrebbero sostenute azioni di monitoraggio su larga scala della specie, per seguire i trend delle popolazioni e adottare, in seguito a eventuali decrementi, le opportune contromisure.
Di fronte ad annate favorevoli per la specie, si propone un Valore di Riferimento Favorevole (FRV) su scala locale di 10 coppie per 10 ettari, anche se in contesti particolarmente idonei tali valori possono essere decisamente più elevati: ne sono esempi il territorio della Lunigiana (17,9 coppie per 10 ettari), e del Comasco (16 coppie per 10 ettari). A scala di comprensorio, per lunghi tratti di corsi d’acqua, si propone un valore di riferimento pari a 5 coppie per km in ambienti favorevoli, 15 coppie per km in ambienti particolarmente idonei, 1 coppia per km per aree meno idonee.