Sterpazzola
Sylvia communis
Ordine
Famiglia
Nome scientifico
Strategia migratoria
Apertura alare
Lunghezza
Lista rossa italiana
Stato di conservazione
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Descrizione
Silvide di medie dimensioni, paragonabili a quelle di una Capinera. Il maschio presenta un caratteristico cappuccio grigio, nettamente separato dal bianco della gola, che sfuma nel rosato-fulviccio del petto. Il dorso è di colore bruno-oliva rossiccio. La coda è bruno-nerastra, con i lati biancastri. La femmina è simile al maschio ma il cappuccio ha lo stesso colore del dorso. La lunghezza media è di 14 cm, l’apertura alare compresa tra 18,5 e 23 cm e il peso tra 12 e 19 grammi.
Nidifica di preferenza in cespuglieti o ai margini dei boschi, in fitti arbusteti o in aree semi aperte con piante spinose, su terreno asciutto e soleggiato. In Pianura Padana frequenta i corsi d’acqua, in particolare gli ampi alvei erbosi interrotti da macchie arbustive rade. Localmente nidifica anche in vigneti, saliceti, brughiere. Si rinviene anche tra le coltivazioni, specialmente se non intensive. Costruisce il nido in contesti marginali, spesso in rovi e ortiche, in genere a meno di 50-70 cm di altezza. Nidifica in coppie sparse, localmente raggruppate in piccole “colonie” lasse. Durante lo svernamento in Africa frequenta giardini, cespugli, arbusteti nella savana o nelle oasi del deserto.
Si nutre principalmente di Insetti, mentre tra l’estate e la primavera integra la sua alimentazione con bacche, frutta, nettare.
La Sterpazzola ha un areale riproduttivo che comprende tutto il Paleartico occidentale, dalla Norvegia fino al Marocco e dall’Irlanda alla Siberia centrale. Tutte le popolazioni sono migratrici e svernano nella porzione sub-sahariana del continente africano, dal Senegal all’Etiopia e sino al Sudafrica. La migrazione autunnale avviene lungo due direzioni: le popolazioni poste ad ovest si incanalano lungo la Penisola Iberica, mentre quelle più orientali discendono lungo le coste italiane e della Dalmazia.
In Italia la Sterpazzola è migratrice regolare e nidificante. La distribuzione è ampia in tutta la Penisola, ad esclusione delle aree a maggiore altitudine delle Alpi, della Pianura Padana orientale e del Salento. E’ presente in Sicilia e assente dalla Sardegna. E’ più diffusa dal livello del mare fino a 1.000 m, con presenze localizzate fino a 1.300-1.500 m su Alpi e Appennini e massimo di 1.900 m nell’Appennino centrale.
Lo Status
La Sterpazzola ha in Italia uno stato di conservazione inadeguato, a causa di una contrazione di areale e di popolazione. A livello continentale lo stato di conservazione della specie è favorevole negli ultimi decenni, a seguito di un lungo periodo di decremento causato da prolungati periodi di siccità nelle aree di svernamento. La popolazione italiana conta 50.000-250.000 coppie e il trend appare in declino negli ultimi decenni. La popolazione italiana è circa il 2,5% di quella dell’Unione Europea.
Non sono disponibili informazioni relative al successo riproduttivo.
Le Minacce
Arbusteti, prati incolti con erba alta e roveti sono l’habitat prediletto da questa specie: comprensibile quindi che a minacciarne la conservazione siano in primo luogo la naturale evoluzione dei cespugli in formazioni forestali ad alto fusto e la conversione delle aree incolte: l’agricoltura intensiva costituisce, in questo senso, una fonte di minaccia importante per la Sterpazzola, privandola dei suoi ambienti d’elezione, anche attraverso la rimozione degli elementi marginali tra i coltivi.
Durante il periodo dello svernamento incidono sulla sopravvivenza della specie le condizioni climatiche, a volte proibitive, incontrate nel Sahel: su tutte, il presentarsi di prolungati periodi di siccità, che può portare ad una forte mortalità dei contingenti svernanti.
La Tutela
Per garantire la conservazione della specie è importante favorire il mantenimento di elementi residuali nelle aree coltivate o pascolate, come zone cespugliate a margine dei coltivi o lungo i fossi, chiazze di vegetazione erbacea incolta, siepi, roveti. Nelle zone dominate da vegetazione arbustiva sarebbe invece opportuno rallentare l’evoluzione a bosco.
Specie molto studiata in altre realtà europee, poco in Italia. Mancano dati sul successo riproduttivo e informazioni sulla dinamica di popolazione, nonché studi approfonditi sull’ecologia riproduttiva; in molte aree anche il trend demografico è sconosciuto o poco chiaro.
Una densità a scala locale pari a 7 coppie per 10 ha può essere considerata indubbiamente rappresentativa di elevata idoneità per la specie come valore di riferimento favorevole (FRV). Per aree idonee seppur non ottimali densità inferiori (1-3 coppie per 10 ha) possono essere ritenute comunque soddisfacenti.