Sterna comune
Sterna hirundo
Ordine
Famiglia
Nome scientifico
Habitat
Strategia migratoria
Apertura alare
Lunghezza
Lista rossa italiana
Stato di conservazione
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Descrizione
A rendere inconfondibile la Sterna comune da altre specie simili è soprattutto la conformazione della coda, particolarmente lunga e di forma biforcuta. Un “accorgimento” che permette a questa specie di volare in modo particolarmente abile mentre anche l’ampia apertura alare, anche superiore agli 80 cm, fa da contrasto a dimensioni dopotutto modeste, meno di 40 cm in lunghezza compresa la coda.
Aspetto bianco candido inferiormente e grigio chiaro sopra, cui fanno da contrasto il vertice nero e il becco rosso con la punta nera; coda forcuta. Occupa un’ampia varietà di ambienti acquatici, sia lungo le coste marine che presso acque dolci interne in pianura. Evita aree con vegetazione troppo densa. Lungo le coste, predilige tratti rocciosi, isole, spiagge, occupando anche ambienti costieri come lagune, acque salmastre. Si ciba di piccoli pesci e avannotti, secondariamente di anellidi, crostacei, molluschi e insetti.
Il suo nome deriva dal fatto che risulta in assoluto la Sterna più diffusa in Europa, soprattutto nell’area settentrionale e orientale, nonché lungo le coste dei Paesi che si affacciano sull’Atlantico. Procedendo verso il centro e il sud d’Europa, la sua distribuzione diventa più irregolare, e interessa principalmente le acque interne e le coste mediterranee.
Dall’America settentrionale ai Caraibi, dall’Europa al nord Africa, fino a Medio Oriente e Siberia. La Sterna comune è diffusa praticamente in tutto l’emisfero settentrionale del globo. Altre sottospecie abitano la Siberia orientale, quindi l’Asia centrale fino a Cina e Mongolia.
L’Italia vede la presenza della Sterna comune principalmente nell’alto Adriatico, in Friuli-Venezia Giulia e in Sardegna. Quindi nell’intera Valle Padana, nell’area prospiciente il corso del Fiume Po.
Lo Status
La Sterna comune ha stato di conservazione inadeguato, a causa della fluttuazione mostrata nel tempo sia in termini di areale che di popolazione. Inoltre, il degrado e la riduzione del suo habitat ottimale, costituite dalle zone umide costiere e dai grandi fiumi, concorrono a determinare un quadro poco positivo. A livello continentale lo stato di conservazione della specie è favorevole. La popolazione italiana conta 4.000-6.000 coppie e il trend appare in declino negli ultimi decenni. Attualmente la Sterna comune è classificata nell’Unione Europea come sicura, e anche a livello continentale questa specie mostra uno stato di conservazione favorevole. La popolazione comunitaria corrisponde a una frazione compresa fra un terzo e la metà di quella continentale, che potrebbe raggiungere le 570mila coppie.
Attualmente, l’area principale di presenza della specie nel nostro Paese comprende le coste dell’Alto Adriatico, dove sono stimate circa 1000-1500 coppie, nidificanti tra il bacino del Reno e quello dell’Isonzo. La tendenza è al generale aumento in tutte i siti considerati, a cui va aggiunta la recente colonizzazione della pianura bolognese in seguito al ripristino di alcune zone umide. A fronte di generale stabilità o incremento vanno però segnalate alcune evidenti fluttuazioni locali, compresi decrementi importanti quali quelli che hanno interessato la parte di laguna aperta di Venezia e, più di recente, le Valli di Comacchio.
La Sterna comune è una specie ben conosciuta e monitorata. Alcune popolazioni sono state studiate ancor più nel dettaglio, come per esempio, in Italia, quella del Po e della Laguna di Venezia (arrivando per esempio a stabilire anche la dimensione ottimale delle colonie che qui trovano il loro habitat di nidificazione). Per stabilire target di conservazione il più possibile accurati vengono in aiuto anche studi internazionali su tasso riproduttivo e mortalità, dai quali emerge ad esempio che almeno il 14,3% degli individui giovani sopravvive fino alla riproduzione, mentre la mortalità negli adulti si aggira attorno all’8% l’anno.
Le Minacce
La popolazione di Sterna comune ha sofferto in passato di gravi problemi di conservazione dovuti alle condizioni riscontrate nelle aree di svernamento africane. A livello nazionale, pur in una situazione generale di stabilità delle popolazioni, hanno giocato a suo sfavore singoli eventi, responsabili di alcuni importanti decrementi registrati a livello locale, soprattutto a causa di cattive condizioni meteorologiche che hanno causato la perdita di centinaia di nidi. La disponibilità di acque basse per il foraggiamento e di isolotti per la nidificazione, sembrano essere le principali caratteristiche che influenzano la presenza della specie, che può essere gravemente minacciata sia da modificazioni dell’habitat riproduttivo sia, più in generale, dal disturbo arrecato dalle attività umane. In Italia, in particolare, la specie soffre la quasi totale “regimazione” degli alvei dei fiumi, che causano la drastica riduzione di isolotti, spiagge e sponde ghiaiose prive di vegetazione, che rappresentano i siti riproduttivi più importanti della specie.
La Tutela
Sono necessari interventi per favorire la ripresa delle popolazioni in calo, tutelando i siti di nidificazione e intervenendo direttamente per incrementare la disponibilità di siti idonei, che potrebbe essere parzialmente risolto mediante la posa di zattere galleggianti per favorire la nidificazione o attraverso un percorso di rinaturalizzazione dei fiumi e di ripristino delle loro dinamiche naturali, evitando le regimazioni che hanno causato, in passato, la scomparsa di molti siti idonei utilizzati dalla specie.
Si possono individuare due principali popolazioni della specie presenti in Italia, quella continentale e quella sarda. Per la prima non è possibile stabilire un Valore di Riferimento Favorevole (FRV), trattandosi di specie coloniale con una popolazione superiore alle 2.500 coppie. Per quanto riguarda la popolazione sarda, dall’andamento sostanzialmente fluttuante seppure orientato al generale incremento, si è ritenuto di calcolare la Minima Popolazione Vitale prendendo in considerazione scenari relativamente poco favorevoli in termini sia di mortalità sia di successo riproduttivo: se ne ricava un valore pari a 3.150-3.200 individui, corrispondenti a circa 1.500 coppie.
Se questo target può essere proposto come Valore di Riferimento Favorevole (FRV) per la popolazione sarda, appare chiaro come l’attuale consistenza delle colonie sia ancora abbastanza distante da tale valore, suggerendo cautela nell’interpretazione di un andamento che, su base storica, si è dimostrato tutto sommato positivo. Analoghe considerazioni possono valere per lo scenario continentale, dove a un trend generale orientato alla stabilità o al moderato incremento si accompagnano fluttuazioni locali anche vistose.