Picchio verde
Picus viridis
Ordine
Famiglia
Nome scientifico
Habitat
- altri habitat
Strategia migratoria
Apertura alare
Lunghezza
Lista rossa italiana
Stato di conservazione
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Descrizione
Lungo circa 30 centimetri, raggiunge il mezzo metro di apertura alare, per 150-200 grammi di peso. La parte superiore del dorso si presenta verde scuro, per virare verso giallo e grigio-chiaro nelle parti inferiori. L’apice del capo è di colore rosso, la faccia nera, mentre dal becco partono due strie nere verso la nuca, tendenti al rosso nel maschio. La coda è rigida e a forma di cuneo, e permette di appoggiarsi al tronco durante la percussione. Per aggrapparvisi, dispone di quattro dita uncinate e robuste, due in avanti e due all’indietro.
Specie piuttosto schiva – a differenza di altri picchi si fa riconoscere più per il canto che per il tipico “tambureggiare” – è dotata di un becco diritto e robusto, saldato con la calotta cranica. Il volo si presenta ondulato. Frequenta di preferenza boschi maturi, soprattutto di latifoglie, con presenza di alberi morti ricchi di cavità e predilige le zone alberate discontinue, alternate da zone coltivate. È l’unica specie di picchio che scende regolarmente a caccia anche sul terreno, alla ricerca di formiche e delle loro larve.
Rispetto ad altri picchi mostra comunque buone doti di adattabilità, potendo costruire il nido in parchi e grandi giardini e non disdegnando manufatti costruiti dall’uomo come pali o infissi in legno posti ai margini delle zone boscate. Le uova, tra 5 e 8, sono incubate per almeno 14 giorni e i pulcini si trattengono nel nido fino alla quarta settimana di vita.
Ben diffusa in Italia, ove mostra una spiccata fedeltà al sito riproduttivo, la popolazione di Picchio verde mostra una distribuzione limitata all’Europa e alle regioni egeo-pontiche di Asia Minore e Caucaso. È assente da Irlanda, Scozia e Scandinavia settentrionale. Nel nostro Paese – ove nidifica la sottospecie nominale Picus v. viridis – è presente in tutta la Penisola ad eccezione del Salento, della Basilicata, di parti della Pianura Padana orientale e del versante adriatico. È invece assente dalle isole, anche se è accertata la sua presenza in Sicilia almeno fino al 1930.
Lo Status
In Italia il Picchio verde è ampiamente diffuso in tutte e tre le principali regioni biogeografiche – alpina, continentale e mediterranea – in particolare nella porzione continentale e centrale della penisola. Attualmente, le stime di popolazione oscillano tra 60.000-120.000 coppie, con trend sostanzialmente stabile. L’Italia riveste un certo interesse per la conservazione della specie, ospitando il 7% della popolazione complessiva europea.
Attualmente la popolazione europea è relativamente ampia, maggiore – secondo le stime più recenti – di 590.000 coppie. Sebbene siano stati registrati ulteriori declini in alcune aree marginali tra il 1990 e il 2000, molte popolazioni – incluse quelle chiave di Francia e Romania – sono da considerarsi ad oggi stabili o in aumento e la specie è pertanto da ritenersi stabile nel complesso.
In Valle d’Aosta si rilevano densità di 0,2-0,3 coppie per kmq nel gruppo del Monte Bianco, che salgono a 0,42 nei castagneti della vicina Valsesia. In Trentino, sono state rilevate densità massime pari a 1 coppia per ettaro nell’alta Valsugana, 1,4 coppie nei meleti della Val di Non (dati che comunque evidenziano un certo declino della specie rispetto alla sua presenza storica). In Pianura Padana, nelle province di Parma e Piacenza, la densità varia tra 0,32 e 0,64 coppie per kmq (Parco dello Stirone), mentre nel Reggiano si raggiungono le 0,84 coppie per kmq.
A scala nazionale, è stata osservata una ripresa con recente colonizzazione di vaste aree della Pianura Padana storicamente occupate dalla specie. Le elevate densità registrate a scala biogeografica fanno ritenere il Picchio verde specie stabile e localmente in aumento, con declini circoscritti a poche aree.
Il recente trend positivo degli ultimi decenni ha invertito il trend dopo una fase di declino della specie, verificatosi a partire dagli anni ‘60.
Le Minacce
In linea generale, interventi selvicolturali, incendi, uso di pesticidi, tagli forestali e abbattimenti illegali sono tra le minacce principali per la specie. Altre cause di pericolo sono da imputare probabilmente a cambiamenti nella conduzione forestale, alla trasformazione in senso intensivo delle pratiche agricole e all’abbandono della pastorizia, con conseguenze anche sulla disponibilità di insetti, principale fonte di cibo per la specie.
Disturbo antropico, trasformazione e distruzione dei siti riproduttivi, asportazione di tronchi secchi, maturi e deperienti sono – insieme ai fattori sopracitati – le cause principali all’origine degli episodi di mortalità e riduzione del successo riproduttivo, per il quale non si hanno comunque dati per l’Italia.
La Tutela
La promozione di strategie selvicolturali che prevedano il rilascio di un numero significativo di piante senescenti e morte – anche nei pioppeti industriali – nonché il mantenimento degli acervi nel corso dei tagli produttivi e di tutte le piante cavitate, possono favorire notevolmente la specie, essendo in grado di sfruttare a proprio beneficio anche elementi minimi di connessione ecologica – filari arborati, macchie vegetate e boschetti e alberi isolati – in contesti di pianura, anche in aree altamente antropizzate. Anche la riduzione di biocidi in agricoltura, con il ripristino di filari alberati, siepi e vegetazione ripariale lungo i fossi, sono elementi importanti per la conservazione della specie.
Pertanto, in ambito planiziale e agricolo, andrebbe rivolta maggiore attenzione nella pianificazione territoriale prevedendo azioni volte al mantenimento e al rinforzo di efficaci reti ecologiche tramite la creazione e il ripristino di aree forestali ed elementi di interconnessone tra loro.
A livello italiano, per gli ambienti forestali più idonei, ricchi di alberi d’alto fusto isolati in associazione con spazi erbosi, si propone un Valore di Riferimento Favorevole (FRV) pari a 3 coppie per kmq a scala di comprensorio. Analoghe densità sono da ritenersi raggiungibili anche in boschi planiziali e costieri sufficientemente integri e ricchi di alberi senescenti. Se particolarmente favorita, la specie può anche superare questi valori come dimostrato in alcuni contesti del centro-nord Italia, dove – soprattutto a scala locale – le densità possono essere anche molto superiori.