Picchio rosso maggiore
Dendrocopos major
Ordine
Famiglia
Nome scientifico
Habitat
- altri habitat
Strategia migratoria
Apertura alare
Lunghezza
Lista rossa italiana
Stato di conservazione
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Descrizione
Picchio di dimensioni medio-piccole, misura mediamente 22-23 cm di lunghezza, per un’apertura alare di 34-39 cm e 68-98 grammi di peso. I due sessi presentano una livrea molto simile, bianca e nera con sottocoda rosso; il maschio si differenzia tuttavia per una evidente macchia rossa presente sulla nuca. Anche i giovani sono facilmente riconoscibili grazie all’intera sommità del capo colorata di rosso. Il becco è nero, appuntito e robusto e le zampe sono conformate per agevolare la progressione su tronchi verticali, che il Picchio rosso maggiore risale a saltelli, aggrappandosi con le forti zampe e aiutandosi con la coda.
Piuttosto adattabile, il Picchio rosso maggiore è presente nei boschi sia di conifere sia di latifoglie, nelle campagne alberate e perfino nei parchi cittadini. Prevalentemente insettivoro, può integrare la propria dieta con semi e frutta, specialmente al di fuori del periodo riproduttivo. Di solito individua gli insetti e le larve che vivono sotto la corteccia dell’albero dal rumore che emettono mentre rodono il legno, e li cattura grazie al robusto becco, con il quale buca il legno, e alla lunga lingua retrattile.
Dopo il lungo rituale di corteggiamento, che inizia già a febbraio con l’insistente “tambureggiare” del maschio sui tronchi per delimitare il territorio e attirare l’attenzione della compagna, la coppia nidifica in cavità scavate nel tronco o in rami particolarmente robusti, dal diametro d’ingresso non superiore ai 5 centimetri, a una decina di metri d’altezza.
Particolarmente ampio l’areale di presenza della specie, che si estende dall’Africa nord-occidentale a buona parte dell’Eurasia. Ben 14 sottospecie sono riconosciute nel Paleartico occidentale. Nel nostro Paese è nidificante sedentario, migratore regolare e svernante; la sottospecie italiae occupa l’Italia continentale, la Sicilia e parte della Slovenia, mentre in Sardegna e Corsica è presente D. m. harterti; a eccezione del Salento, dove l’assenza appare dovuta a ragioni biogeografiche, nel resto d’Italia si osservano lacune distributive solo in corrispondenza di aree povere di vegetazione arborea. Nidifica dal livello del mare fino a 1.700-1.800 m, eccezionalmente fino a 2.250 m. Tendenzialmente sedentario alle nostre latitudini, mostra invece comportamenti migratori o invasivi nel nord Europa. Dal punto di vista dei movimenti migratori che attraversano il nostro Paese, sono stati evidenziati movimenti irruttivi di popolazioni soprattutto orientali, che appaiono legati alla ciclicità nella produttività delle foreste.
Lo Status
La specie è considerata stabile e in progressivo incremento in numerosi Paesi europei, inclusa l’Italia, in cui ha ampliato l’areale di distribuzione grazie alla protezione e riforestazione. L’incremento registrato in numerosi Paesi si spiega anche con la grande capacità di adattamento dimostrata dalla specie, in grado di insediarsi negli ambienti alberati più diversi, anche antropizzati.
In Italia, le elevate densità registrate lo fanno ritenere specie stabile e localmente in aumento in tutte le aree, ove si riproduce in vari tipi di ambienti boscati e alberati di latifoglie e conifere purché vi sia buona disponibilità di alberi morti o marcescenti. Nel nostro Paese il suo stato di conservazione è favorevole.
La popolazione italiana conta 70.000-150.000 coppie. Non sono disponibili dati relativi al successo riproduttivo.
Le Minacce
Un fattore limitante per il suo insediamento in pianura può dipendere dalla scarsità di alberi, come registrato in alcuni settori del Piemonte coltivati a riso. Il disturbo antropico, la trasformazione e distruzione dei siti riproduttivi, l’asportazione di tronchi secchi e deperienti, gli interventi selvicolturali e tagli forestali in periodo di nidificazione costituiscono le principali minacce alla specie e possono provocare la riduzione del successo riproduttivo.
La Tutela
La specie è ampiamente studiata in Italia per quanto riguarda distribuzione, ecologia e spettro alimentare. Lacune conoscitive persistono tuttavia su ampi comprensori meridionali. A livello nazionale, mancano in ogni caso dati quantitativi sul successo riproduttivo e altri parametri riproduttivi.
Sulla base dei dati disponibili, per gli ambienti forestali più idonei e continui si può proporre, come valore di riferimento favorevole (FRV) per il nostro Paese, una densità riproduttiva pari a 5 coppie per kmq a scala di comprensorio. A scala locale, tale valore può essere fissato a 2 coppie per 10 ettari.
In contesti planiziali, caratterizzati da agricoltura intensiva su larghe estensioni, il fattore limitante per il suo insediamento può dipendere dalla scarsità di alberi come registrato in alcuni settori del Piemonte coltivati a riso e nella bassa pianura mantovana. Su scala locale, la promozione di campagne informative rivolte agli operatori forestali e l’inserimento di regole più precise nei Piani di Assestamento e di Indirizzo Forestale volte al mantenimento di alberi morti, senescenti e già cavitati da Picidi, potrebbe avvantaggiare la specie.