Magnanina comune
Sylvia undata
Ordine
Famiglia
Nome scientifico
Habitat
- altri habitat
Strategia migratoria
Apertura alare
Lunghezza
Lista rossa italiana
Stato di conservazione
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Descrizione
La Magnanina comune è un Silvide tipicamente legato ad arbusteti quali macchia mediterranea, brughiere e ginestreti. Il piumaggio, dai toni più accesi nel maschio, si presenta ardesia su testa e groppone, brunastro sulle ali. La coda, particolarmente lunga per un Silvide, è spesso tenuta all’insù (soprattutto quando è allarmata). Il ventre e la gola sono bruno rossicci. La lunghezza media è di 12,5 cm, l’apertura alare compresa tra 13 e 18,5 cm e il peso tra 7 e 10,5 grammi.
La specie mostra una certa preferenza per aree costiere e insulari, pur risultando presente anche in alcune aree continentali. Frequenta la macchia mediterranea (composta soprattutto da Cistus, Myrtus, Rubus) e la gariga, brughiere con Ulex e altri cespugli, o aree recentemente percorse da incendi, localmente anche pinete con relativo sottobosco. Nidifica in coppie sparse e costruisce un nido a coppa ben celato tra rami di arbusti bassi e folti, preferibilmente spinosi, in genere non oltre i 70-80 cm di altezza.
Insettivora in primavera, si nutre prevalentemente di bacche e frutta in autunno.
La Magnanina comune nidifica in un’area limitata dell’Europa, dall’Inghilterra meridionale fino allo Stretto di Gibilterra e si estende verso est, raggiungendo l’Italia meridionale.
È specie migratrice o parzialmente migratrice e dispersiva, ma molti individui sono sedentari e rimangono nei territori riproduttivi per tutto l’anno. Alcuni individui raggiungono l’Africa nord-occidentale, principalmente Algeria e Marocco.
Nella nostra Penisola è nidificante, migratrice regolare e svernante. Occupa le coste italiane dalla Liguria all’Abruzzo, l’Arcipelago Toscano e le grandi isole; una percentuale non nota della popolazione nidificante nell’Arcipelago Toscano sverna in Nord Africa.
È più diffusa dal livello del mare fino a 500 m, raggiungendo in alcuni casi i 1.500 m di quota.
Lo Status
La Magnanina comune in Italia ha uno stato di conservazione inadeguato, a causa di una scarsa conoscenza dell’entità delle popolazioni e dell’areale, oltre al degrado e alla riduzione del suo habitat ottimale. Anche a livello continentale lo stato di conservazione della specie non è favorevole, destando preoccupazione a scala globale. La popolazione italiana conta 10.000-30.000 coppie e il trend appare sconosciuto negli ultimi decenni. La popolazione italiana rappresenta poco meno dell’1% della popolazione europea (e grosso modo di quella globale) della specie, la cui conservazione è assolutamente prioritaria in Unione Europea.
Non sono disponibili informazioni relative al successo riproduttivo.
Le Minacce
La Magnanina comune nidifica in aree temperate-calde dove la temperatura di luglio sale anche oltre i 30°, mentre quella di gennaio non scende mai o quasi mai sotto lo zero. Presenta infatti una scarsissima tolleranza a prolungate ondate di freddo, e a temperature anche di poco inferiori allo zero. È quindi evidente come, pur in un quadro orientato al generale innalzamento delle temperature medie, eventi climatici eccezionali (freddo prolungato, magari fuori stagione) possano rappresentare una minaccia importante per la specie, e spiegare le fluttuazioni che si sono registrate nella parte continentale dell’areale. Nonostante l’intolleranza agli inverni troppo rigidi, in cui si assiste a un calo anche importante delle popolazioni, la Magnanina comune mostra buone capacità di ripresa, e risulta il più delle volte in grado di recuperare la propria consistenza numerica in poche stagioni.
Oltre all’ampia disponibilità di insetti durante il periodo di nidificazione, all’idoneità dei siti e alla scarsa tolleranza per i picchi di freddo, in Italia emerge la dipendenza della specie sia dal Cistus monspeliensis sia dall’Erica arborea per la propria alimentazione al di fuori del periodo riproduttivo.
In Toscana, la riduzione delle brughiere (“scopeti”) ha avuto sicuramente conseguenze negative sulla popolazione nidificante nell’entroterra, probabilmente quella più studiata a livello nazionale. In generale, l’evoluzione di ambienti arbustivi verso una vegetazione dominata dagli alberi, o la loro eliminazione per messa a coltura o urbanizzazione, comporta una riduzione degli habitat della specie. Per comprendere nel dettaglio i fattori influenzanti densità e successo riproduttivo sono necessari altri studi, in altri ambienti e contesti geografici come quelli insulari.
La Tutela
Oltre all’incremento di conoscenze, risulta importante, per garantire la persistenza delle popolazioni della specie, la tutela degli ambienti frequentati da ogni alterazione antropica. Un’azione di conservazione molto importante dovrebbe essere indirizzata verso la conservazione della macchia mediterranea e gli “scopeti”, preferiti nelle aree interne.
Si può proporre come valore di riferimento favorevole (FRV) a scala locale una densità pari a 12-13 coppie per 10 ha per brughiere dell’entroterra e pari a 20 coppie per 10 ha per macchia mediterranea costiera fitta e relativamente bassa. Una densità minima di 10 maschi territoriali ogni 10 ettari rappresenta comunque l’obiettivo minimo di conservazione per il consolidamento delle singole popolazioni nidificanti. Per quanto riguarda il FRV a scala di comprensorio si suggerisce un valore di 50 coppie per kmq.