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Capovaccaio © Michele Mendi

Capovaccaio

Neophron percnopterus

Ordine
Accipitriformes
Famiglia
Accipitridae
Nome scientifico
Neophron percnopterus
Habitat
Ambienti rupestri
- altri habitat
Praterie
Mosaici mediterranei
Strategia migratoria
Migratrice a lungo raggio
Apertura alare
165 cm
Lunghezza
70 cm
Lista rossa italiana
Estinto Minacciato Rischio minimo

CR - In Pericolo Critico
Stato di conservazione
Cattivo
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Descrizione

Il Capovaccaio è il più piccolo avvoltoio europeo con faccia giallastra e priva di piume. Iride nero, come pure l’apice del becco, piuttosto appuntito. Dall’aspetto inconfondibile il Capovaccaio è noto anche con il nome di “avvoltoio degli egizi”. Un nome che ha a che fare con l’amplissimo areale di nidificazione, che comprende appunto l’Africa, ma anche l’Europa meridionale, la Penisola Arabica e parte dell’Asia, fino al lontano Pakistan.

Altezza fino a 70 cm e peso nell’ordine dei 2 kg, il Capovaccaio può raggiungere un’apertura alare pari a 165 cm. Il piumaggio è prevalentemente bianco – esclusivamente negli esemplari adulti – con penne remiganti nere, che risultano particolarmente visibili durante la fase del volo. Mentre i giovani si distinguono bene per il loro piumaggio ancora scuro.

Il Capovaccaio nidifica prevalentemente negli ambienti aridi brulli e steppici, vicino alle pareti rocciose. Particolarmente sensibile al disturbo da parte dell’uomo, la specie si avventura alla ricerca di cibo su terreni aperti, in zone con bassa vegetazione e anche in discariche. Oltre alle classiche “carogne”, il Capovaccaio non disdegna infatti animali vivi quali piccoli di uccelli, lombrichi, insetti, anfibi e rettili.

Una dieta alimentare particolarmente varia che consente al Capovaccaio di sopravvivere in ambienti a bassa densità di potenziali prede, anche se è stata dimostrata una predominanza delle caratteristiche del sito in cui costruire il nido – è importantissima per il Capovaccaio la presenza di pareti rocciose – rispetto ad altri fattori quali le caratteristiche del paesaggio. Per questo i nidi del Capovaccaio si trovano sempre su pareti rocciose, esposte a sud, che dominano vallate brulle, ampie e soleggiate.

Uccello mediterraneo per eccellenza il Capovaccaio storicamente abitava quasi tutta l’Italia, dalla Sicilia all’Appennino, fino alle Alpi marittime. Il declino della specie comincia negli anni ’60, con la progressiva diminuzione delle popolazioni che ha portato alla totale estinzione della specie nelle regioni settentrionali e centrali, nonché in Campania.

Attualmente, nel nostro Paese, il limite distributivo settentrionale risulta essere la Murgia apulo-lucana. Migratore transahariano, il Capovaccaio sverna in Africa, dal Senegal all’Etiopia, ma in particolare in Mali e Niger. La maggior parte degli individui in partenza per l’Africa, dove avviene lo svernamento, si concentra in autunno nell’Isola di Marettimo, la più orientale delle Isole Egadi, di fronte al litorale trapanese.

Lo Status

Il Capovaccaio in Italia è una specie minacciata di estinzione. Tra le Murge pugliesi, altri siti in Calabria e Sicilia sopravvivono nel nostro paese soltanto 8-10 coppie.

Da rilevare la totale estinzione della popolazione del Nord Africa e il forte ridimensionamento di quelle che un tempo erano da considerarsi due vere e proprie roccaforti europee: Spagna e Turchia.

Classificata dall’Unione Europea come specie in pericolo, il Capovaccaio è stato di recente oggetto di un Piano d’Azione Internazionale per evitare un destino che, trend alla mano, non può che portare in pochi decenni alla totale estinzione della specie sia in Europa che in Italia – dove è stato completato il Piano d’Azione Nazionale.

In Italia, il 100% delle coppie nidificanti – vive nelle IBA (Aree Importanti per gli Uccelli). Se pure l’Italia ospita meno dell’1% della popolazione, a livello di Unione Europea, la condizione di specie a forte rischio a livello continentale rende particolarmente importante la conservazione di tutte le popolazioni residue, compresa quella italiana.

Le Minacce

Il bassissimo successo riproduttivo appare il principale fattore di minaccia che attualmente pesa sulla sparuta popolazione italiana di Capovaccaio, anche se non bisogna dimenticare la progressiva riduzione della disponibilità di cibo conseguente alla dismissione di molte delle attività agro-pastorali che fino agli anni Cinquanta avevano rappresentato una fonte di sostentamento importante per la popolazione di Capovaccaio nel nostro Paese.

Tra i fattori principali, individuati dai ricercatori, che hanno portato al declino della specie in questi ultimi decenni: la modificazione dell’habitat – con particolare riguardo all’urbanizzazione – la persecuzione diretta, il bracconaggio, la diminuzione delle risorse alimentari, l’inquinamento delle zone di svernamento e nidificazione e non ultimo il forte aumento della mortalità negli adulti. Infine il disturbo durante la fase di nidificazione, fino all’uso di bocconi avvelenati.

Rispetto alla riduzione dell’habitat, il Capovaccaio ha particolarmente sofferto la progressiva riduzione delle aree destinate al pascolo di bestiame brado – meno bestiame, meno carogne di cui nutrirsi – mentre attualmente l’attività più pericolosa per la popolazione residua appare rappresentata dal disturbo ai siti di nidificazione, comprese pratiche all’apparenza innocue quali fotografia, roccia, parapendio e negli ultimi anni l’impatto con le pale eoliche.

La Tutela

Determinante, per la conservazione della specie è proteggere i pochissimi siti di nidificazione da ogni possibile fattore di disturbo (in particolare nell’IBA 215 “Monti Sicani, Rocca Busambra e Bosco della Ficuzza”, in cui vivono ben 5 delle 7 coppie censite in Italia), naturalmente controllare efficacemente il bracconaggio, ma anche il disturbo arrecato da turisti e fotografi. 

Altre misure importanti possono essere rappresentate dalla creazione di siti di alimentazione artificiali – i cosiddetti “carnai” – una pratica che si è dimostrata efficace nella ripresa della popolazione francese della Provenza. 
Infine, proteggere adeguatamente i siti riproduttivi, anche con l’ausilio di volontari, limitare la diffusione dell’agricoltura intensiva nell’habitat del Capovaccaio, nonché porre un freno all’eccessiva proliferazione di pale eoliche nelle zone circostanti le aree protette e in particolare quelle dei monti Sicani.

Solo aumentando il successo riproduttivo delle coppie rimaste, infatti, il Capovaccaio in Italia potrà essere salvato dalla completa estinzione: che avverrebbe con una probabilità superiore al 90% nei prossimi 100 anni considerando la popolazione attuale e gli attuali tassi di successo riproduttivo. Il target di sopravvivenza a breve-medio termine può essere fissato a 13 coppie con un successo riproduttivo del 78% e un tasso d’involo pari a 1,4 individui per coppia. Se non si riesce a invertire la tendenza – anche attraverso reintroduzioni mirate – e a raggiungere velocemente questo obiettivo intermedio (comunque ancora lontano dalla minima popolazione vitale sufficiente per garantire un’elevata probabilità di sopravvivenza nel lungo periodo), la specie in Italia è quasi certamente destinata ad estinguersi.

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Capovaccaio © Michele Mendi