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Allodola © Michele Mendi

Allodola

Alauda arvensis

Ordine
Passeriformes
Famiglia
Alaudidae
Nome scientifico
Alauda arvensis
Habitat
Ambienti agricoli
- altri habitat
Praterie
Mosaici mediterranei
Strategia migratoria
Migratrice a corto raggio
Apertura alare
30-36cm
Lunghezza
16-18cm
Lista rossa italiana
Estinto Minacciato Rischio minimo

VU - Vulnerabile
Stato di conservazione
Cattivo
Ascolta il canto

Descrizione

L’allodola nidifica dal livello del mare, in particolare nei pascoli e nei prati, e si può osservare anche nelle steppe, le dune sabbiose e in alta montagna. Nelle regioni meridionali l’Allodola, predilige anche le aree a pseudosteppa.

La specie, durante il periodo della nidificazione, è distribuita tra Europa, Africa nord-occidentale e Asia. In inverno, solitamente, migra a sud del proprio areale. In Italia l’Allodola è specie nidificante, svernante e migratrice con presenza quindi di popolazioni diverse nel nostro Paese. Si ciba prevalentemente di semi, ma non disdegna insetti e larve, soprattutto nel periodo estivo e in quello riproduttivo.

Maschio e femmina presentano caratteristiche molto simili: la lunghezza varia tra i 16 e i 18 cm, il peso tra i 33 e i 48 grammi. Le penne, di colore prevalentemente marrone, presentano sfumature più chiare nella parte inferiore e piccole striature scure tendenti al nero nella parte superiore. Queste stesse striature si presentano leggermente più larghe sul petto, con una tonalità color crema, intervallate da macchie castane che sfumano su collo e gola. La coda e la parte posteriore presentano una bordatura bianca. Specie monogama, la femmina viene aiutata dal maschio a costruire il nido, solitamente posizionato in depressioni del terreno circondate da bassi ciuffi d’erba secca, deponendo in media 5 uova, che vengono covate per circa dieci giorni. 

Lo Status

L’Allodola risulta al momento classificata come in declino nell’Unione europea, ma anche a livello continentale presenta uno stato di conservazione sfavorevole. Sul cattivo stato di salute di questa specie, in Italia pesa negativamente – e ulteriormente – il fatto che risulta ancora cacciabile, in base alla legislazione venatoria vigente. Inoltre, il Piano d’azione nazionale redatto sulla specie, permette ancora l’attività venatoria tra il 1° ottobre ed il 31 dicembre con un carniere stagionale annuo non superiore a 50 capi per cacciatore.

La popolazione presente in Italia oscilla tra 350.000 e 500.000 coppie, e il trend appare in forte declino negli ultimi decenni, con un decremento annuo del 3,28% dal 2000 al 2020.

Le Minacce

Diversi sono i fattori che hanno determinato la frammentazione e il declino della popolazione di questa specie. I più importanti sono la conversione di contesti rurali ricchi di prati a seminativi e la conseguente intensificazione delle pratiche agricole, che ha frammentato gli habitat adatti alla nidificazione, causato danni attraverso l’uso eccessivo di pesticidi e ridotto drasticamente la produttività a causa della distruzione dei nidi durante le operazioni agricole; l’abbandono delle aree rurali montane; l’attività venatoria ancora consentita nonostante il cattivo stato di conservazione in cui versa la specie.

Ulteriore minaccia è rappresentata dai predatori: il 90% delle perdite in periodo di nidificazione è infatti da ricondurre a questo fenomeno, che sembra essere proporzionale alla densità dei nidi.

La Tutela

Risulta prioritario favorire il mantenimento di pratiche e paesaggi agricoli compatibili con le esigenze ecologiche della specie, anche tramite l’utilizzo di fondi dello sviluppo rurale (PSR), evitando soprattutto la conversione a seminativi intensivi. È quindi necessario, al fine della conservazione della specie, mantenere una vegetazione non omogenea nell’arco della stagione, con il mantenimento delle stoppie di cereali in inverno, fino a febbraio, il mantenimento di prati, aree incolte e pseudosteppa, purtroppo convertiti di frequente in campi di semina o in altri usi del suolo, nella stagione riproduttiva.

È urgente l’esclusione dalle specie cacciabili. 

Di fronte a queste minacce, un primo accorgimento al fine di preservare la sopravvivenza dell’Allodola è senz’altro rappresentato dall’organizzazione di pratiche colturali che rispondano alle esigenze della specie durante la riproduzione.
Per garantire il successo riproduttivo è inoltre consigliabile una programmazione degli sfalci e dei raccolti nelle aree coltivate.

L’allodola non è stata ancora oggetto di studi approfonditi in Italia che non consentono una conoscenza d’insieme sufficientemente approfondita sull’ecologia e sull’effettiva consistenza delle popolazioni. Lacune importanti si registrano infatti, per quanto riguarda parametri demografici e biologia riproduttiva, conoscenze invece essenziali per impostare efficaci azioni di conservazione.

Sulla base dei dati a disposizione, è stato possibile calcolare un valore di riferimento favorevole (FRV), che varia a seconda dell’ambiente. Per vasti ambienti aperti è ritenuta soddisfacente una densità di 3 coppie per ettaro a piccola scala e 50 coppie per chilometro quadrato a scala più ampia. Il Valore di Riferimento Favorevole per ambienti aperti più ridotti è probabilmente inferiore: una coppia per ettaro a scala locale e 10 coppie per chilometro quadrato a scala più ampia.

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Allodola © Michele Mendi