Collegamento sciistico Padola – Passo di Monte Croce Comelico, le associazioni: "Insostenibile"
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Un appello di Italia Nostra, Lipu e Mountain Wilderness alla sua revisione alla luce della cogente crisi climatica ed energetica
Il progetto del collegamento sciistico, sebbene abbia recepito alcuni apprezzabili aspetti culturali, rimane purtroppo non sostenibile dal punto di vista ambientale, paesaggistico ed energetico, soprattutto nel contesto della lotta ai cambiamenti climatici.
Il progetto del collegamento sciistico tra Padola e il passo di Monte Croce Comelico, che recentemente ha ottenuto un pre-parere positivo con prescrizioni da parte della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per l'area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso, è ben lungi dall’essere approvato; infatti sarà oggetto di una procedura di valutazione che si articola in diversi passaggi, tra cui la Valutazione di Impatto Ambientale e quella di Incidenza, il parere definitivo della Soprintendenza e l’approvazione da parte del Comune.
Inoltre inciderà sulla valutazione del progetto l’esito del monitoraggio degli habitat e delle specie minacciate dall’intervento, della durata minima di tre anni, prescritto nel parere motivato di VAS della Regione Veneto.
Dopo la presa visione dell’ultima versione del progetto, depositata lo scorso dicembre presso la Soprintendenza, le Associazioni Italia Nostra, Lipu, Mountain Wilderness pur apprezzando l'inserimento di aspetti culturali, che valorizzano i luoghi da un punto di vista storico, denunciano che il progetto rimane altamente impattante sull’ambiente per diversi motivi. Fermo restando le perplessità già espresse in merito al complessivo intervento e al suo impatto sulla zona sotto i profili paesaggistico, ambientale e naturalistico, che sono oggetto dei giudizi pendenti davanti al Giudice amministrativo, le associazioni rimarcano la loro contrarietà al progetto anche perché è in totale contrasto con la lotta ai cambiamenti climatici. Infatti l’industria dello sci è energivora, soprattutto a bassa quota, al di là di tutte le mitigazioni che si possono implementare. Lo dimostra anche la recente richiesta di Anef di classificare l’industria dello sci come energivora.
Dati recenti dimostrano che per innevare un ettaro di pista occorrono circa 700 kWh di energia; a questo bisogna sommare il consumo energetico dei mezzi battipista, pari in media a 15 litri di gasolio per ogni ettaro. Applicando queste cifre alla superficie delle piste in progetto, si calcola che il consumo di energia per il mantenimento del collegamento per una stagione è equivalente a quello medio annuale di circa 300 famiglie di 4 persone.
A questo bisogna inoltre aggiungere il consumo energetico dell’impianto di risalita, il consumo di acqua per l’innevamento artificiale e le emissioni di anidride carbonica in atmosfera, dovute sia al traffico richiamato dall’impianto, che ai mezzi battipista, elementi che contribuiscono ad accelerare il cambiamento climatico invece di mitigarlo.
“Il nostro appello alle Comunità locali e alle Amministrazioni – concludono Italia Nostra, Lipu e Mountain Wilderness - è di ripensare a questo progetto nella responsabilità verso il nostro pianeta e verso le generazioni future”. Le associazioni invitano ad utilizzare i fondi destinati all’intervento in maniera lungimirante, sviluppando progetti che non si rivelino chimere.