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Pesticidi chimici

Tra le maggiori minacce "agricole" per la conservazione delle specie selvatiche e in particolare degli uccelli, insieme alla perdita degli elementi naturali del paesaggio, vi è senza dubbio l’utilizzo eccessivo di insetticidi, diserbanti, fungicidi, in una parola, di pesticidi. La denuncia della biologia e scrittrice americana Rachel Carson, con il suo leggendario libro “Primavera Silenziosa” del 1962, è insomma tuttora fondata ed attuale.

I pesticidi hanno un impatto diretto e indiretto sulla biodiversità e specialmente sugli uccelli. In primo luogo agiscono indirettamente, sulle fonti di alimentazione degli uccelli, siano esse semi di erbe selvatiche o insetti e altri artropodi, diminuendo il numero di prede disponibili.  Vi è però anche un effetto diretto sugli individui che vengono a contatto con i pesticidi, attraverso la catena alimentare o per esposizione diretta, come accade ad esempio agli uccelli che nidificano a terra nei campi o sugli alberi da frutto. Alcune sostanze come i neonicotinoidi, note per essere dannosi per le api, provocano danni cronici agli uccelli interferendo con il loro sistema endocrino, al pari di alcuni pesticidi organofosfati, che interferiscono con la riproduzione. 

Le specie tipiche degli ambienti agricoli sono le più esposte a questo rischio, come valutato da uno studio del 2014 condotto dalla Lipu per conto del Ministero delle Politiche Agricole, che mostra un calo maggiormente significativo dell’indice di popolazione delle specie che per la loro ecologia sono più esposte ai pesticidi. A ciò si aggiunge che i pesticidi non rimangono confinati ai soli campi dove vengono utilizzati. Secondo alcuni studi oltre la metà si disperde nell’ambiente, andando a contaminare anche siti e ambienti molto lontani, come dimostrano i residui ritrovati nei corpi dei mammiferi marini o nelle piume dei piccoli degli uccelli acquatici (si veda lo studio dell’Università di Venezia del 2022).

Nonostante i dati italiani mostrino, dal 2011 al 2020, una lenta ma progressiva diminuzione dei pesticidi venduti pari circa ad un meno 20%, (tendenza che si è arrestata nel 2020, quando la curva è tornata a crescere), non c’è da stare tranquilli, poiché le sole quantità vendute sono insufficienti a illustrare un inquinamento sempre più diffuso. Uno studio dell'Università di Landau (Germania) condotto negli Stati UNiti ha appurato che nonostante il calo nell'uso degli insetticidi, fra il 2005 e il 2015, la tossicità per alcune specie è più che raddoppiata. Fattori come la quantità utilizzata per unità di superficie e la persistenza dei residui chimici nell'acqua o nel suolo determinano gli effetti nocivi delle diverse sostanze sulla natura. 

Anche l'efficacia dei pesticidi non va sottovalutata: piccole dosi di pesticidi altamente efficaci (ossia attivi già a basso dosaggio) possono comportare lo stesso rischio potenziale di sostanze utilizzate in passato a dosi più elevate.

In tal senso, per difendere l'utilizzo di queste sostanze viene spesso affermato che i principi attivi oggi utilizzati sono meno “pericolosi” che quelli utilizzati in passato. Si tratta di un argomento vero solo in parte. Andando a guardare più a fondo scopriamo che, benché prima dell'immissione sul mercato, i pesticidi attraversino un processo di approvazione che ne testa l'impatto sulla salute umana e sull'ambiente, i loro effetti indiretti sulle catene alimentari e sulla biodiversità ricevono scarsa attenzione. Inoltre, mai viene valutato l’effetto cumulo, che sappiamo può aumentare anche di decine di volte la tossicità di una determinata sostanza.

Attualmente nel mondo il consumo annuale di pesticidi è pari a 4 milioni di tonnellate ed è in costante aumento, soprattutto nel sud del mondo, dove vengono importati dall’Europa (area nella quale la legislazione sull'utilizzo è più restrittiva) sostanze altamente dannose. per converso, l’assenza di legislazione o la non applicazione della stessa nei paesi del Sud si riflette anche su quanto portiamo sulle nostre tavole, visto che la legislazione europea sui prodotti da importazione è ad oggi molto carente. Un circolo vizioso da spezzare.

Tuttavia, è ancora possibile invertire la rotta, intervenendo con una forte riduzione sull'utilizzo di questi prodotti (molti tentativi, non andati in porto, si sono susseguiti in questi anni in Europa) e attraverso la più forte promozione dell'agricoltura biologica, i cui benefici per la qualità del cibo e del paesaggio, la salute umana, la biodiversità sono fuori discussione.

Uno studio finanziato dal Ministero dell’Ambiente e realizzato dall’Ispra negli anni dal 2015 al 2020, nell’ambito del monitoraggio del Piano Nazionale per l’Utilizzo Sostenibile dei prodotti Fitosanitari, ha mostrato come nelle colture biologiche vi sia un numero significativamente superiore di Apoidei e Lepidotteri ma anche di uccelli e chirotteri, così come un maggior numero di specie di flora. 

Un quadro sintetico ma abbastanza esaustivo sulle conseguenze dell’uso dei pesticidi sulla biodiversità, sulla nostra salute e sulle ricadute sociali è offerto dall’Atlante dei Pesticidi, realizzato dalla Fondazione Heinrich-Böll, la cui edizione italiana è stata curata anche da Lipu nell’ambito dei lavori della Coalizione CambiamoAgricoltura. L'atlante è leggibile e/o scaricabile al link presente in questa pagina. 
 

Atlante dei Pesticidi

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Irrorazione di pesticidi su una coltivazione di soia
Irrorazione di pesticidi su una coltivazione di soia © Fotokostic