C’è preoccupazione nella Lipu per il disegno di legge n. 119, del senatore D’Alì, sulla riforma delle aree protette che aprirebbe i parchi a varie forme di caccia e al rischio di un nuovo assalto territoriale.
Molti sono gli aspetti critici della proposta D'Alì, praticamente identica al disegno di legge del senatore Caleo, anch'esso presentato in Commissione Ambiente del Senato. Ad esempio, la sostanziale apertura della caccia nei parchi, sotto forma di controllo faunistico, oppure il meccanismo delle royalties che rischia di spianare la strada dei parchi a oleodotti, metanodotti, ricerca di idrocarburi e a quegli impianti di energie rinnovabili che andrebbero gestiti con rigore e serietà, ad esempio tenendoli fuori da aree protette e altri siti rilevanti.
Discutibili anche le modifiche che si vorrebbero apportare al sistema di “governance” e alle procedure di nomina dei parchi. La gravità del quadro si completa con il carattere d’urgenza che è stato assegnato al disegno di legge, che permetterebbe di ridurre tempi di discussione ed emendamenti.
Totalmente assenti sono poi i riferimenti alla conservazione della biodiversità, ovvero a un tema che rappresenta la missione stessa delle aree protette, così come alla rete Natura 2000 e alla necessità, tra le altre, di inglobarla in modo chiaro e definitivo nel sistema delle aree protette italiane.
Per molti versi opposto è il disegno di legge della senatrice De Petris, che propone il miglioramento della legge 394 sotto vari aspetti, tra cui proprio la rete Natura 2000 e una maggiore protezione dei parchi da impianti eolici e altre potenziali forme di impatto.
Nell'audizione in Commissione Ambiente del Senato, la Lipu ha argomentato perché si scongiuri una cattiva riforma della legge 394 e se ne promuova una corretta, per tutelare e rilanciare davvero il grande patrimonio nazionale rappresentato dalle aree protette.
