Civetta
Athena noctua
Ordine
Famiglia
Nome scientifico
Habitat
- altri habitat
Strategia migratoria
Apertura alare
Lunghezza
Lista rossa italiana
Stato di conservazione
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Descrizione
La Civetta è lunga circa 21-23 cm, per un’apertura alare di 53-59 centimetri: la caratterizzano forme tozze, capo largo e appiattito – senza i tipici ciuffi auricolari del Gufo – occhi gialli e zampe lunghe, parzialmente rivestite di setole. La parte superiore è grigio-bruna striata di bianco, mentre in quella inferiore è prevalente il bianco, macchiettato di bruno. I suoi ambienti preferiti si trovano nelle vicinanze degli abitati, sia in pianura sia in collina. Raramente, si spinge oltre 1.000 metri di altitudine, specialmente durante la stagione fredda quando neve e ghiaccio limitano fortemente la disponibilità di prede.
Con spiccate abitudini terricole e poco legata agli ambienti forestali, mostra un comportamento spiccatamente stanziale – salvo erratismi e migrazioni irregolari da parte di soggetti “nordici”. Nel nostro Paese, è diffusa come nidificante nelle zone pianeggianti e collinari a quote generalmente inferiori ai 700 metri, tranne sporadiche e modeste penetrazioni nei fondivalle alpini e appenninici, a quote comunque generalmente inferiori ai 1.000-1.200 metri. La specie predilige le zone ad agricoltura mista con filari di vecchie piante, cascinali, edifici abbandonati, aree industriali nuove o dismesse, dove, nonostante gli effetti negativi dei nuovi sistemi di conduzione agricola, raggiunge densità più che discrete. Numerose coppie si sono poi insediate nelle aree sub-urbane e nei centri storici di molte città.
Uccello tipicamente notturno, la Civetta può essere attiva anche nel tardo pomeriggio e di prima mattina, ma resta vigile anche nel resto della giornata. Carnivora come tutti gli Strigiformi, riesce ad ingoiare le prede intere, salvo poi rigurgitare – sotto forma di borre, peli, piume, denti, ossa, guscio cheratinizzato degli insetti – tutte le parti che non possono essere digerite. Predilige, in particolare, piccoli vertebrati e grossi insetti.
La Civetta nidifica tra marzo e giugno. La femmina depone da 2 a 5 uova bianche in piccole cavità tra le rocce, negli alberi, nei muri di vecchi edifici, in tane abbandonate di mammiferi di media taglia. Durante la cova – che dura circa 4 settimane – è supportata dal maschio nelle attività di caccia. Dopo un mese o poco più i pulcini lasciano il nido, ma sono completamente indipendenti solo a 2-3 mesi di vita.
La specie è distribuita in modo abbastanza omogeneo dal bacino del Mediterraneo fino alla Cina, al di sotto del 60° parallelo. Dapprima assente dalle isole britanniche, vi è stata introdotta con successo verso la fine del XIX secolo, ed è presente anche nell’Africa tropicale, dall’Etiopia al Golfo Persico.
Lo Status
La Civetta ha in Italia uno stato di conservazione favorevole, grazie all’espansione dell’areale e all’incremento della popolazione.
Al contrario, la specie mostra uno stato di salute sfavorevole in tutta Europa: nonostante la sua ampia distribuzione – si stimano più di 560mila coppie riproduttive – le popolazioni infatti mostrano segni di continuo, se pure moderato, declino. Fatta eccezione per alcune porzioni del nord Europa, le popolazioni di Civetta hanno mostrato segni di sofferenza durante tutto il periodo 1970-1990 in alcuni Paesi strategici quali Francia, Spagna, Russia e Turchia.
Tale tendenza al decremento sembra proseguire, peraltro, fin dagli anni ’30 del secolo scorso, quando la specie era diffusa e abbondante, per poi acuirsi in modo particolare a partire dagli anni ’70.
Nel nostro Paese, la popolazione di Civetta è stimata in 40.000-70.000 coppie e mostra un trend di stabilità, decremento o fluttuazione locale con sintomi di ripresa conseguenti a un periodo di declino generalizzato che risale agli anni ’60-70.
Ciononostante, non sono disponibili dati sul successo riproduttivo per l’Italia, a parte il dato medio sulle uova deposte, pari a 3,8 per coppia. In Europa, tali dati sul successo riproduttivo variano tra 2,02 e 3,62 pulcini per nido al momento della schiusa, che si riducono a 1,78-2,84 al momento dell’involo.
Le Minacce
La modificazione degli habitat, il susseguirsi di inverni rigidi e l’aumento del traffico veicolare di cui la specie è la vittima più frequente tra gli Strigiformi, hanno verosimilmente condizionato il trend delle popolazioni di questo piccolo predatore, in particolare nelle aree urbanizzate. Più gravi, infatti, rispetto ad altre specie di Strigiformi, appaiono le perdite dovute al traffico veicolare: su 800 Strigiformi raccolti sulle strade italiane, nel periodo 1990-2000, il 41% apparteneva a questa specie. Ogni anno diverse centinaia di giovani non ancora indipendenti vengono portati nei Centri di recupero della fauna selvatica di tutta Italia.
Altri fattori di rischio sono l’elettrocuzione, l’impatto contro cavi sospesi e recinzioni, gli abbattimenti illegali durante la stagione venatoria, ma anche interventi di taglio di filari di alberi (specialmente gelsi) e di ristrutturazione degli edifici che, specialmente in periodo riproduttivo, possono provocare perdita delle covate o elevata mortalità dei pulcini.
La Tutela
Dal punto di vista conservazionistico, la specie potrebbe beneficiare di un’adeguata tutela dei siti riproduttivi, con particolare riguardo ai vecchi edifici rurali utilizzati per la nidificazione (ove potrebbe essere utile anche la posa di opportune cassette nido); andrebbero in particolare evitati interventi di ristrutturazione o demolizione in periodo riproduttivo, tra i mesi di febbraio e luglio. Per grosse strutture – quali impianti industriali e capannoni o cascinali agricoli dismessi – tali interventi andrebbero comunque pianificati su più settori e periodi, evitando demolizioni generalizzate su tutta l’area in pieno periodo riproduttivo. Tali accorgimenti favorirebbero anche altre specie di rapaci (Barbagianni, Allocco, Gheppio).
Studi specifici sarebbero poi necessari per valutare l’impatto dei diversi prodotti chimici – in particolare rodenticidi – sulle popolazioni di rapaci notturni, favorendo l’impiego di principi attivi meno impattanti e incentivando produzioni agricole che prevedano la lotta integrata o l’assenza di trattamenti.
Vantaggi possono derivare ad esempio dalla conservazione di muretti a secco e dalla piantumazione di filari arborei e siepi per aumentare la disponibilità delle specie preda principali. A scala locale, sarebbe utile la promozione di campagne informative rivolte alla popolazione, affinché non vengano raccolti pulcini non ancora indipendenti, riducendo il numero di ricoveri nei diversi Centri di recupero della Fauna selvatica.
Per la specie sono disponibili dati sufficienti su distribuzione, ecologia, densità e spettro alimentare per diverse regioni italiane. Mancano al tempo stesso dati quantitativi sul successo riproduttivo. Considerando i dati di densità riproduttiva disponibili per l’Italia, si può proporre un Valore di Riferimento Favorevole (FRV) pari a 15 coppie per 10 kmq a scala di comprensorio e di 1 coppia per 10 ettari a scala locale, per contesti particolarmente idonei.