L'usignolo, la voce più bella della natura
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È da sempre uno dei simboli della primavera. Con il suo canto l’usignolo nei secoli ha affascinato poeti e musicisti, da Petrarca a Shakespeare, ma anche Chopin, Vivaldi e Stravinsky.
La sua voce un tempo era considerata un antidolorifico naturale, oggi ci ricorda la bellezza della natura che non ci abbandona mai, nemmeno nei momenti più difficili
Il canto più bello della natura, con 260 tipi di strofe
L’usignolo Luscinia megarhynchos è l'uccello canoro per eccellenza tanto che in italiano il sostantivo “usignolo” è diventato sinonimo di una persona che canta molto bene. Ma non è solo una leggenda, le capacità vocali di questa specie sono davvero da record.
Il canto dell’usignolo è composto di strofe con toni singoli e toni doppi che si allineano densamente l’un l’altro. Nella sua vita un usignolo può arrivare a conoscere fino a 260 tipi di strofe diverse che combinate insieme compongono un repertorio di “canzoni” che di solito durano dai 2 ai 4 secondi. Le variazioni nei canti tra gli usignoli di diverse aree permettono di riconoscere diversi “dialetti” regionali fornendo informazioni molto utili per gli ornitologi ed etologi.
Come ascoltare il canto dell’usignolo
L’ambiente migliore per ascoltare il canto dell’usignolo è il margine di un bosco. Non c’è una regione o un habitat in particolare visto che l’usignolo è presente praticamente in ogni ambiente naturale del nostro Paese. Quando ascoltarlo? All’inizio della primavera, nella fase di accoppiamento, il maschio dell’usignolo canta soprattutto nelle ore notturne, dal tramonto all’alba. il canto serve infatti per delimitare il territorio e per attirare la partner. A primavera inoltrata invece gli usignoli si possono sentire benissimo anche durante il giorno. Ascolta il suo canto
L’usignolo, uccello dei poeti da Petrarca a Shakespeare
Con il suo canto notturno melodioso l’usignolo non poteva che diventare il simbolo degli innamorati e, di conseguenza, animale preferito dai poeti più romantici. Come Francesco Petrarca che nel suo Canzoniere dedica all’usignolo questi versi immortali: «Quel rosignuol, che sí soave piagne, forse suoi figli, o sua cara consorte, di dolcezza empie il cielo et le campagne con tante note sí pietose et scorte...» O ancora William Shakespeare che nel suo dramma più celebre “Romeo e Giulietta” trasforma l’usignolo in una dolce scusa, tra i due innamorati, costretti a separarsi: «Vuoi già andar via? Il giorno è ancora lontano. È stato l'usignolo, non l'allodola, che ha colpito l'incavo del tuo orecchio timoroso. Canta ogni notte, laggiù, su quell'albero di melograno. Credimi, amore, era l'usignolo.»
Un canto che cura
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Nell’antichità il canto dell’usignolo era considerato così dolce da poter curare le malattie e funzionare come antidolorifico, per questo nelle stanze dei malati veniva a volte appesa una gabbietta. A questa leggenda di origine medievale si ispira Hans Christian Andersen per la sua famosissima favola “L’usignolo” che verrà poi musicata da Igor Stravinsky diventando una delle opere più famose dei Balletti Russi. Nel racconto di Andersen un imperatore dell'estremo oriente preferisce il tintinnio di un uccello meccanico al canto di un usignolo vero. Ma quando l’imperatore si ammala e rischia di morire sarà solo il canto dell'usignolo a salvarlo.
L’incredibile viaggio dell’usignolo
Forse non tutti sanno che l’usignolo è un uccello migratore che percorre migliaia di chilometri ogni anno per spostarsi dall’Africa tropicale all’Europa Centrale in cerca di un posto sicuro in cui fare il nido. Viaggiando di notte, e riposando di giorno, la migrazione degli usignoli è meno appariscente di quella di altri uccelli, ma non meno interessante per la scienza che, negli ultimi anni, ha utilizzato spesso questa specie per monitorare l’impatto dei cambiamenti climatici sulle rotte migratorie.
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